Nota editoriale su Allattamento al seno: prevalenze, durata e fattori associati in due indagini condotte dall’Istituto Superiore di Sanità (2008-09, 2010-11)

di Leonardo Speri, Azienda ULSS 20, Verona, Responsabile dei Progetti per l’Allattamento della regione Veneto

Ci sono due cose che non dovrebbero essere più, e da tempo, in discussione: l’allattamento e il desiderio della mamme di allattare. Ribadito che “l’allattamento al seno è la norma e il modello di riferimento rispetto al quale tutti i metodi alternativi di alimentazione devono essere misurati” (1) e una volta ricordate le diverse ricerche tutte convergenti sul fatto che le mamme desiderano allattare e che chiedono di essere sostenute, quello su cui ha senso discutere è “cosa” mettere in atto affinché questo desiderio si realizzi e soprattutto “come” farlo. Sul “cosa” abbiamo uno strumento molto valido per fare il punto, il “Blueprint for Action” (2), un’agenda per operatori e decisori con un repertorio delle azioni di dimostrata efficacia da intraprendere a diversi livelli. Prima di sfogliarne alcuni capitoli, va premesso che il “come” è altrettanto cruciale, poiché il concetto di empowerment deve pervadere tutto il sistema. È uno “stile”: la capacità di saper sostenere senza sostituirsi è un imprinting che attraversa tutto il sistema, non solo le relazioni tra operatori e coppie mamma/ bambino. In accordo con l’invito della Carta di Ottawa a riconoscere che le persone costituiscono la maggior risorsa per la salute, le “potenti competenze” di madri e bambini sono il centro della triade di azioni – protezione, promozione e sostegno (3) – che attende ancora in Italia piena applicazione.

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